Sguardi come finestre dell’anima

Martin Jurga

Jurga, scultrice lituana di origine ma residente da anni a Beaune in Francia, attraverso le sue opere realizzate in argilla o in bronzo ci permette di vedere ciò che non avremmo osservato da soli; gli occhi dei suoi fanciulli sono finestre dell’anima, sono il riflesso dello spirito e della mente.
Jurga in ambito scultoreo è partita da esperienze espressioniste, caratterizzate da una certa drammaticità: anatomie interrotte o al contrario troppo esibite al limite del grottesco infondono nel soggetto un realismo implacabilmente aggressivo: ne è esempio in mostra l’opera Assis, tête pênché.
Su questo humus, però, è venuto lentamente innestandosi in forme sempre più precise, il ripensamento al figurativo inteso in senso più classico: un ripensamento che si manifesta nella scelta dei soggetti da raffigurare, ma anche nella ricostruzione della volumetria corporea, nel bisogno di dare ai bambini, i suoi soggetti prescelti, una nicchia che le accolga (creata dal movimento del corpo) o un’architettura che le sostenga (che nasce ad es. da una sedia o da uno sgabello). Questo proseguire, sempre più ponderato, per certi versi più maturo, rivolto ad una maggiore figurazione e quindi compostezza plastica, ha portato il lavoro di Jurga ai suoi esiti più risolti. Tuttavia quella vena grottesca che si osservava nelle prime sculture è tuttora presente. Caratterizza anzi anche quelle degli ultimi anni, e non è difficile osservarla nella tipologia delle forme, nell’anatomia imperfetta, in quel senso di propensione al sogno e all’espressionismo che invade i corpi, i volti e gli sguardi.
L’occhio è indubbiamente il cuore del lavoro della scultrice. Un occhio in grado di trasmettere emozioni diverse ogni volta che ci si avvicina al suo lavoro. Henri Matisse diceva che “un’opera d’arte perché arrivi ad essere durevole, non può accogliere soltanto l’emozione di un momento; è necessario tornare su di essa in modo che la complessa, polimorfa vita dell’anima abbia il tempo di stratificarsi sulla tela…”. L’elaborazione del sentimento attraverso un percorso interiore lento è sicuramente necessario all’Io immaginale in quanto esso si irradia nella fragilità e nell’anima, che è difficile toccare davvero. Certo è che l’Io immaginale riconosce la bellezza; ma la bellezza non è una lusinga dei sensi o dell’intelletto, come si preferisce credere: al contrario, l’intellezione di bellezza è data dall’apertura incondizionata all’essere, il che avviene quando si è esposti al pathos che lo attraversa. Un’artista come Jurga ci aiuta a comprendere questo e i suoi bambini sono i migliori ritratti dell’Io interiore, dello sguardo con il quale l’immaginazione riconosce la realtà vivente. L’occhio è per Jurga una sorta di marchio di riconoscimento. Ci sono simboli che, anche in differenti culture e religioni, hanno un unico significato: il sole è simbolo di divinità, il fuoco di passione e l’OCCHIO di vigilanza, conoscenza e anima. Un’anima in cui si annidano i segni più coinvolgenti della sua creatività.

Cinzia Tesio


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Credits: M. Damiano, R. Alù