I monotipi di Giorgia Oldano

Parte 1 – Presentazione

Giorgia Oldano si è da sempre avvicinata alla wildlife art, la corrente artistica di origine anglosassone che fa della natura selvaggia la sua principale fonte di ispirazione. Caratteristici della sua produzione artistica sono i ritratti iperrealistici di un mondo incontaminato, colto nella sua più profonda istintualità, dove la natura viene rappresentata nei suoi momenti più intimi e maestosi. Lo sguardo stanco di un elefante, la potenza inerme di un leone a riposo, il piumaggio un pappagallo in amore, disegnati con virtuosismo e manierismo fino a una riproduzione quasi fotografica del dettaglio. Un lavoro lungo e minuzioso portato avanti inizialmente con l’utilizzo dei colori ad olio e, in seguito, della matita.

Nella sua produzione artistica più recente, Giorgia si confronta anche con la tecnica del monotipo, andando al di là del disegno naturalistico e abbandonando la fedeltà alla tradizione figurativa. 

Il monotipo è una tecnica ibrida che unisce la pittura alla stampa calcografica, conservando la memoria della mano e del pennello. In questo modo Giorgia sperimenta nuove forme artistiche senza dimenticare le sue origini, dando vita a una vera e propria “pittura a pressione”.
Gli animali rimangono i soggetti principali dei suoi lavori e la natura continua ad essere l’elemento caratterizzante del suo universo espressivo.
Questa sensibilità nei confronti del mondo animale viene però declinata in modo diverso, quasi fiabesco, espressione di una maternità che ha piacevolmente influenzato la sua ricerca artistica. Così gli elementi naturali e animali diventano motivo e pretesto per raccontare le storie del mondo della narrativa per ragazzi. 

Giorgia interpreta il monotipo con la spontaneità del gesto e l’imprevedibilità del segno, giocando con gli effetti immediati che esso offre. Pur permettendo la libertà di espressione, il monotipo richiede studio, capacità compositiva e una conoscenza approfondita dei materiali.
Foglie, tessuti, stoffe sono utilizzati in funzione delle tracce che lasciano sul foglio, così nervature e trame diventano motivo espressivo e dettaglio decorativo. 
Proprio da qui parte il suo iter creativo, dalla raccolta del materiale che contemporaneamente influenza ed è influenzato dal soggetto dell’opera. La venatura di uno stelo evoca forme inaspettate, e così Giorgia orienta la composizione e l’interazione delle sue sagome.

Stende il colore sulla matrice per realizzare lo sfondo, appoggia sulla superficie una o due foglie, invertendone ripetutamente le posizioni per orientare il disegno. Oppure dipinge sulla matrice come se fosse tela vergine con gli inchiostri da stampa. La superficie così trattata risulterà piacevolmente materica, stimolando la sensibilità del colore puro.

Una volta impressa l’immagine sulla carta la matrice scompare, ed ecco che comprendiamo la poetica dell’effimero. Con la sua dissolvenza la matrice ci ricorda che il monotipo è un esemplare unico. Nel corso del suo rivelarsi, il monotipo manifesta la sua imprevedibilità e Giorgia la troviamo lì con il campo inclinato a sbriciare come l’inchiostro si è espanso in maniera inattesa e casuale, dando origine ogni volta a una sorpresa. Questo spiega anche perché la ripetizione dell’operazione, per quanto possibile, non dà mai un’immagine uguale alla precedente, con effetti originali non replicabili.

Giorgia trova nel colore unico, il nero, lo spazio di azione per differenti sensibilità, ricerche e sperimentazioni. Più viviamo di imperativi policromi, più apprezziamo la scala dei grigi, che evoca volutamente la carta stampata, i timbri e i caratteri mobili. 
Questa vocazione monocroma l’ha ereditata dal disegno a grafite, recuperando quella potenza espressiva capace di liberare il gesto e la creatività alla ricerca di minimalismo e rigore.

E Giorgia la troviamo lì, con i polpastrelli neri d’inchiostro perché artista è chi sa immaginare con le mani.

Credits: Archivio Galleria Losano