Tra i mondi

Parco e atelier di Carin Grudda

C’è un lungo sentiero che dall’entroterra ligure degrada verso la costa di Lingueglietta. Un vasto uliveto se ne sta adagiato sul poggio soleggiato, da una parte si affaccia sulla valle di San Lorenzo e dall’altra controlla il mare. Un’atmosfera argentea che sa di cicale e di olive lucidate a mano.

Qui dimora il parco sculture privato “Tra i mondi” di Carin Grudda, una casa-studio dove vive e lavora circondata dai suoi personaggi immaginari, come creature cadute dalle fiabe.

Tante cose si vedono e si vedranno, ma qualcosa di così singolare come le sculture di Carin Grudda non si incontrano facilmente.
A quale regno appartengono, da dove sono venute, dove sono dirette?
Sembrano appartenere a una specie sconosciuta, o forse meglio a un genere letterario, quello della mitologia.
“Tra i mondi” evoca non soltanto un’idea, ma un luogo vero e proprio, come materializzazione di una “terra di mezzo”, contemporaneamente cicatrice e congiunzione tra il mondo terrestre dell’esistenza umana e il mondo immaginario delle creature di fantasia.
È Carin stessa a creare un nuovo immaginario, che risveglia nell’osservatore il ricordo di una favola della buonanotte, proprio lì dove iniziano i sogni.

Nel suo studio la luce piove obliqua dalle ampie vetrate e un quadro riposa incompiuto in attesa dell’ispirazione.
La poetica dietro la ricerca artistica di Carin si aggira per le vie filosofiche del surrealismo. Questo la rende estremamente inserita nel suo tempo e, grazie alla profondità e all’ampiezza degli argomenti trattati, suscettibile a contestualizzazioni contemporanee. Se il messaggio dell’artista ci pare complesso e mutevole, ciò che possiamo ricostruire con certezza è l’aspetto tecnico della loro realizzazione. 

I suoi disegni sono al tempo stesso madre e figli della sua scultura. Di conseguenza non si può parlare di scultura senza risalire al disegno e viceversa, solo così è possibile guardare con coscienza più piena al suo lavoro. Per estensione la scultura fa materializzare gli interpreti dei suoi dipinti e continua a raccontarci una storia che veste la realtà di fantasia.

Un fantastico percorso tra pittura e scultura
di Luciano Caprile

L’artista tende a esercitare le proprie peculiarità creative attraverso trasformazioni che talora riguardano la materia stessa del fare. Succede in particolare a quei pittori che hanno visto crescere a tal misura tra le mani e nei pensieri i loro personaggi da non poterli più contenere nei limiti di un quadro, per quanto grande possa essere. Sopravviene allora un desiderio di tridimensionalità ovvero si rende necessario uno spazio nuovo in cui far respirare la nuova esigenza. Nel secolo passato è successo a importanti maestri come Pablo Picasso e Joan Mirò che hanno risolto nell’assemblaggio di oggetti trovati e nella loro eventuale fusione nel bronzo un simile impulso espansivo. Ancora oggi Fernando Botero esibisce alternativamente i protagonisti delle sue opere in ambito scultoreo o nella nella bidimensionali della tela o della carta. Lo stesso dicasi per Mimmo Paladino, per bruno Ceccobelli, per Tommaso Cascella e per tanti altri che sperimentano le varie soluzioni espressive di un’idea da tradursi nell’illuminazione di un gesto.
Carin Grudda sta seguendo da qualche tempo il medesimo processo evolutivo da applicare a una favolistica e avvincente narrazione.
Il suo modo di affrontare l’immagine e di inserirla in un ambito non convenzionale colloca il suo comportamento nella perenne attesa di un’illuminazione che può provenire da un frammento di legno recuperato da un’altra vita e da un altro uso. Così ciò che era una porta o un fondo di cassapanca o la base rosicchiata di un tavolo provoca un richiamo di forme e figure dal sapore arcaico, primitivo; nello stesso tempo queste forme paiono intinte nella freschezza dell’incanto […].

Luciano Caprile

Credits: Massimo Damiano, Archivio Galleria Losano