Lobalzo Sandro

Sandro Lobalzo è nato ad Albenga nel 1946. Vive e lavora a Torino. Si è diplomato al liceo artistico e successivamente all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino. Ha iniziato a esporre dal 1965, seguono numerose mostre personali e collettive in Italia e all’estero. È attivo inoltre come incisore, realizzando cartelle di grafica. Le prime esperienze pittoriche seguono una tematica di carattere espressionista, alla quale fa seguito un breve ma totalizzante momento d’immersione nell’esperienza informale. Verso la metà degli anni ’70, la sua pittura si ammorbidisce nei toni, volgendo lo sguardo ad un realismo pervaso di magica sospensione.


Ombre rivelatrici
Angelo Mistrangelo

Dalle prima luci dell’alba al lento incedere della notte, si delinea l’attuale fase della pittura di Sandro Lobalzo che rinnova, di volta in volta, il fascino degli oggetti e degli ortaggi e dei pennelli nello studio.
Il suo discorso è, da sempre, legato alle immagini quotidiane, all’interno della casa con un vaso di fiori e uno sgabello e un cestino con della carta, a una mela e un coniglio di pezza e “una cascata di colori si avventa d’improvviso sulla stanza e i miei polpastrelli vorticosamente pitturano di rosso cotto la levigatezza dei vasi, di marrone venato il pioppo grezzo dello sgabello, di giallo opaco la rugosità delle mele e di violapolvere i grappoli di prugne: vibranti trafitture del buio che subito esplodono sul proscenio…” (Ferdinando Albertazzi).
E ogni elemento compositivo, ogni “tocco” di colore, ogni profilo d’immateriale conchiglia, si stempera nello spazio allusivo della tela o del foglio di carta, si pone in rapporto con l’atmosfera che lo circonda e lo avvolge creando un senso di assoluta leggerezza, di aereo incantamento.
Lobalzo si affida alla luce, alla malinconia segreta dell’ombra, alla profondità della sera, il gioco dei rimandi prospettici, delle “cose” che gli appartengono come il lungo, silenzioso, impalpabile fluire dei silenzi incommensurabili, dei pomeriggi d’estate, delle giornate ventose a primavera.
L’itinerario di snoda, quindi, da Giornata in casa a Cala il sipario, in una sorta d’incontro con la luce che penetra dalla finestra, che s’insinua tra i mobili, il cavalletto, i tubetti di colore, che recupera anfratti di uno spazio memoriale e liricamente definito da una linea duttile, armoniosa, suggestiva.
E attraverso la linea prende consistenza il suo mondo, le sue favole e i suoi sogni; s’individuano i nessi inscindibili tra la rappresentazione e il dato tecnico, sapientemente misurato, che presiede alla formulazione del soggetto.
La sua capacità tecnica gli permette di elaborare un dettato mai scontato, ma sempre sostenuto da una scrittura nitida, lieve, sospesa.
La successione delle pagine rinnova il fascino di antiche botteghe, di una visione che dal reale, talora, tende al fantastico, di una cadenza espressiva che gli consente di evocare un universo di lontani episodi, di gesti minimi ma altamente significativi, di segni impercettibili, graffiti, incisi come parole e frasi musicali e solitudini che legano le immagini alle stagioni sempre uguali e sempre ugualmente misteriose, irripetibili, magiche.