Alice Serafino dà vita alle sue opere in camera oscura lavorando prevalentemente con tecniche fotografiche analogiche (cianotipia e rayografia), servendosi dei naturalia come scenografia per i suoi racconti onirici. “Piccoli mondi”, “Naturalia”, “Minuscule”, “Up in the sky”, sono alcune delle serie che caratterizzano i suoi lavori dove lunarie, soffioni, piume, rose canine, bacche diventano il palcoscenico per una narrazione favolistica.
Se i naturalia hanno da sempre ispirato la sua ricerca artistica, ora Alice è attratta dagli artificialia, che cerca di combinare mediante la tecnica del collage e delle associazioni casuali, rivendicando una nuova e assoluta libertà creativa.
Un nuovo percorso artistico che nasce dall’esigenza di riconoscersi in tecniche e materiali diversi, di cui si intravede soltanto l’ispirazione e si attende lo sviluppo. Un lavoro portato avanti la notte al buio del suo studio, per non abbandonare l’atmosfera della camera oscura che fin qui l’ha sempre accompagnata.
Ritagli di giornale, scampoli di carta, sagome, fotografie d’epoca, cartoline, francobolli, timbri, pennini, stampini, caratteri tipografici sono i nuovi strumenti per raccontare le sue storie.
Con la sensibilità di un entomologa, la curiosità di un cacciatrice di tesori e l’immaginazione di una cantastorie, Alice conserva piccoli oggetti di uso quotidiano, raccogliendoli dal passato e consegnandoli al futuro; un mondo di oggetti che furono che passa di mano in mano.
Quella di Alice è un’arte che lavora sulla potenza espressiva delle piccole cose, sui materiali di recupero che conserva a casa e in laboratorio, per poi saperli sapientemente riutilizzare.
La sua è un’estetica dello sguardo è allo stesso tempo un’etica della messa in scena, poiché compone piccole scenografie bidimensionali come fossero poesie in scatola.
Il collage le permette di ritagliare il mondo a suo piacimento, enfatizzando e facendo propria la poetica del frammento, in questo modo gli scarti del quotidiano diventano piccoli pezzi di una poesia surrealista e sognatrice.
I personaggi sconosciuti di vecchi fotografie in bianco e nero sono citazione e recupero di vite altrui, storie che Alice fa rivivere attraverso le proprie opere, ricordandoci che la memoria storica è il più grande deposito di immagini. Così frammenti sparsi del reale si uniscono per creare una nuova storia e, grazie al suo potere di mettere a fuoco anche ad occhi chiusi, Alice ci porta dentro la sua visione interiore, nei suoi sogni.
Alice riconosce ovunque le tracce della bellezza, anche ai livelli minimi del loro apparire e ciò non sarebbe possibile senza un’educazione matura allo sguardo. Così si comprende il modo in cui nelle sue opere un semplice ritaglio recupera una dignità che solo uno gesto poetico dada può far scaturire da una composizione. In questo modo, un ritaglio di carta diventa un pezzo di mondo, un altro dei suoi “piccoli mondi”, in cui c’è sempre una traccia dell’uomo, e dove non c’è, viene contemporaneamente evocata la sua presenza altrove.
Nelle sue composizioni il senso dell’immagine lo si ritrova non solo in ciò che mostra, ma anche in ciò che esclude. In questo modo anche il vuoto, il nulla e l’assenza si sostanziano.
Attraverso il seducente recupero dell’effimero e dello scarto ci mostra una bellezza di cui non eravamo consapevoli.