Michelangelo Tallone, nato nel 1964, diventa ceramista di professione nel 1986 dedicandosi all’artigianato artistico. Verso la fine degli anni ’80 recupera l’antica tecnica del bucchero – risalente al VII secolo a.C e molto utilizzata dagli Etruschi – che diventa il suo personale “marchio di fabbrica” per pannelli, sculture e bassorilievi. Quando inizia a sperimentare con la materia, nelle sue opere la contemporaneità dialoga con l’arcaico, come in un incontro alchemico.
Nel 1994 inizia la sua attività espositiva con una collettiva, risale invece al 1995 la sua prima mostra personale. Nel 1999 si aggiudica il Premio Saccarello per la scultura. Nel 2002 viene invitato con Guido Vigna ad esporre al Palazzo della Provincia di Cuneo per la rassegna Incontri d’Arte; nello stesso anno approda a Roma con l’importante mostra Quattro artisti per la pace nella Basilica di Santa Maria degli Angeli. È del 2013 l’importante personale a Palazzo Salmatoris di Cherasco a cui seguono Palazzo Isimbardi a Milano e Palazzo Maria Callas di Sirmione nel 2014. A queste si succedono numerose presenze in rassegne collettive e iniziative artistiche. Realizza inoltre il Premio Gianni Aimar attraverso la realizzazione di sculture che incarnano identità di importanti personalità legate al tema della montagna e le sue “putrelle” sono il simbolo del Premio Gli occhiali di Ghandi del Torino Film Festival.
Nell’ultimo periodo della sua produzione artistica sperimenta tecniche e materiali diversi (dal legno, al bronzo, dall’acciaio al marmo); in particolare, è affascinato dai risultati cromatici di terre bruciate e arrugginite, creando grandi pannelli cotti in forno a segatura, un’altra antichissima tecnica di riduzione che, come il bucchero, gli permette di poter giocare con il fuoco.
Lavora a Paesana, in provincia di Cuneo, a due passi dall’amato Monviso.
Il mondo di Michelangelo Tallone – Il tempo nell’eternità
Cinzia Tesio
La ricerca di Michelangelo Tallone si basa sulla capacità di unire la perizia tecnica – accresciuta da una continua analisi e bisogno di sperimentalismo – con l’attenzione al valore semantico, ideologico ed intellettuale delle opere realizzate… Scolpire significa collaborare con la natura o meglio infondere se stessi nella materia che rimarrà modificata per sempre: queste poche parole sintetizzano, a mio avviso, la poetica o meglio la magia di Michelangelo Tallone, la prassi del suo fare scultura non monumentale, e soprattutto l’idea che la governa.
È forse per tale motivo che conferire una forma plastica ad un concetto, ad un oggetto per Tallone diventa un vero e proprio procedimento etico, con un sottinteso e volontario segno della misura morale legato ad ogni gesto creativo nutrito della presenza forte del pensiero.
E proprio il legame con la ceramica chiarisce tale nozione: il maestro ceramico si esprime infatti lavorando un materiale “da cui tutto ha origine”: la terra, nel suo ancestrale ruolo di Mater.
Quello scelto da Tallone è il bucchero, ovvero una tipica ceramica di origine etrusca che si distingue per il colore nero e brillante delle superfici, che non è dovuto a una vernice, ma al particolare procedimento di realizzazione. La tecnica è antica ma lo stile è personalissimo: questo perché la materia appare nettamente sottomessa alla forma, caratterizzata da una forza a tratti primitiva che la spinge verso immagini definite, inequivocabili, in cui il dato naturale è chiarissimo, evidente, tanto evidente che rimanda immediatamente al valore simbolico. Tallone non compone figure, ma simboli in forma di figure. Ne sono un esempio concreto le opere legate al tema della danza, alla Maternità e alla Donna.
Non mancano però lavori in cui Tallone sembra dialogare tra la razionalità e il caos. Mi riferisco ad opere quali Caos, Tentativo di libertà oppure Filari in cui l’incontro di materiali diversi , gli “squarci”, le “ferite” che ne derivano sembrano penetrare nell’involucro del materiale. La cottura in riduzione produce sui materiali effetti rugginosi, sgretolamenti e talvolta perfino incisioni; pare esserci un legame con l’arte informale e astratta.
Arturo Martini asseriva che “La scultura parte dell’interno. La struttura ha una forza in sé che la spinge verso lo spazio…”. Spinte che provengono dal materiale che Tallone usa: la terra “del passato”, testimone di un lento rimescolarsi che ancora dura.
Le pressioni, le spaccature, le orme che rimangono come segni nell’eternità dopo “la cottura” delle opere sembrano scritture che documentano infatti accaduti milioni di anni fa. Eppure sono così contemporanee…
In generale le sue opere entrano in comunicazione diretta con chi le osserva, rimandando a un universo al tempo stesso arcaico e attuale.