Il peso e la sua leggerezza

Carin Grudda

Quanto pesa la scultura di Papaghena fusa in bronzo? Centinaia e centinaia di chili. Eppure è leggerissima, sembra addirittura volare.
Questa è la magia di Carin Grudda, utilizzare materiali densi e massicci, o segnati dall’usura e dal tempo, per dare vita a creature nuove, che si muovono leggere e libere e portano al mondo la loro bellezza, la loro innocenza, il loro cuore. Metafora potente della nostra esistenza in cui le cose più profonde, più serie, più pesanti, possono essere espresse nella loro essenza più vera solo attraverso la leggerezza. Leggerezza che però sa anche farsi forza, quando le forme si accrescono e si fanno grandi per sostenere l’abbraccio dei bambini, che riconoscono l’anima di queste creature e le abbracciano, le accarezzano, le cavalcano, si appoggiano a loro…. a Pegasus, Blau Miao, Papaghena.
Quest’ultima poi ha occhi e naso, ma niente bocca. La sua voce è affidata al canto dell’uccello posato sul suo capo e a quello, più minuto, appollaiata sul piede.
Per Carin questi animali belli ed eleganti non sono che piccoli angeli, cantori di cose celesti, dal cielo alla terra, dai piedi alla testa. Gli uccelli infatti, nella terra e nella cultura dell’artista, simboleggiano libertà, ma anche follia, portano bellezza e allo stesso tempo sono creature fragili. Sì, perché la bellezza è fragile, per quanto possa essere pesante nella sua materia. Il peso però non si avverte, perché Carin sa rendere leggere le sue creature.
E poi ci sono i legni…. usati, bruciati, che con umiltà e pazienza hanno supportato per anni i prodotti della fonderia artistica e che ora sono diventati essi stessi opere. Non tele vergini, bianche, immacolate, ma supporti vivi, umili, pieni di ferite, bruciature, rughe…. Si sono consumati al servizio dell’arte e ora sono fioriti, sbocciati, diventando supporto, base, culla di nuove creazioni. Carin restituisce nobiltà a questi umili materiali, scavati, forati, spezzati. Vi si accosta con tenerezza e affetto e “porta fuori” la loro poesia. É un atto di amore, in cui la storia personale dell’artista si collega e si unisce a quella del legno segnato dalla vita, destinato ad essere sfruttato, e poi bruciato. Invece ancora una volta il brutto anatroccolo si trasforma in un cigno. Le ferite non sono cancellate ma diventano arte, come i segni di un volto rugoso che raccontano storie e sanno dare emozioni. Queste sono le tele predilette da Carin.
E ancora…. gli animali. Per l’artista “anima-lì ”. Esseri che esistono e rimangono, prima e dopo di noi. Senza negare la spietatezza della natura vuole dirci che sono proprio gli animali i “veri innocenti”, capaci di mostrare bellezza ed eleganza. Tra questi, la zanzara romana, Römische Sumse, che ha due antenne per sentire e orientarsi, e queste finiscono in due stelline. Viene in mente Nietzsche che raccomandava di accendere ogni giorno una stella. Carin ci sta provando.

Massimo Damiano


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Credits: C. Marchisio, B. Gagliardi, E. Tesio, M. Damiano