Visioni

Anna Maria Colace

Anna Maria Colace consegna la propria opera fotografica all’immaginazione: non semplici fotografie, ma vere e proprie visioni. Il suo stile è evocativo e trasfigurativo, ricordando le apparizioni che si creano in stati di estasi o in sogno. Ci troviamo di fronte a immagini sovrapposte che ci conducono in visioni oniriche e surreali, quasi vedessimo doppio.

Anna va oltre la semplice rappresentazione della realtà e guarda il mondo attraverso un filtro creativo. Pescifiori paesaggi naturali sono trasfigurati e restituiti sotto forma di “fotografie pittoriche” in cui l’equilibrio estetico si fa quasi grafico e illustrativo. Proprio nella trasfigurazione, nell’andare oltre la rappresentazione, troviamo nuove interpretazioni e significati perché il sogno rivela più della realtà. Le fotografie nascono dalla contemplazione ma lo scatto è veloce e istintivo, perché Anna pensa prima con occhi che con il resto. Le sue visioni sono la sintesi di chi osserva in modo olistico la realtà. Il guardare è un’azione simbolica: è entrare con lo sguardo nelle cose per rispecchiarsi attraverso di esse, è una ricerca del paesaggio interiore in quello esteriore. Un’attitudine mista che combina la ricerca d’identità e la capacità di aderire perfettamente alle cose osservate.

Visioni Floristiche: Ceiba speciosa L. I, 2008 – Fotografia modern print cm. 30×40



Visioni
di Giuseppe Cicozzetti

In assenza d’una visione siamo senza un orizzonte, senza un orizzonte siamo senza direzione, senza direzione siamo senza percorso. Visione, orizzonte, direzione, percorso sono componenti indispensabili per ogni ricerca. La fotografa Anna Maria Colace ha fatto della ricerca visiva la cifra fondante del suo linguaggio. E proprio perché la ricerca non conosce la parola “fine” ma, al contrario, è sempre pronta a nuove inclusioni, a nuovi spunti che sappiano esplorare nuovi spazi, così Anna Maria Colace sofferma il suo sguardo sui numerosi territori del reale, per restituirli in forma di Visioni. Le visioni di cui discutiamo dunque non hanno carattere epifanico, non irrompono nella mente come una folgorazione. Al contrario, nel caso delle fotografie di Anna Maria Colace, esse si piegano al linguaggio fotografico perché restituiscano quanto più fedelmente l’idea primigenia, che, da quanto vediamo, è abitata da una buona cultura visiva delle Arti del Novecento. La fotografia non deve avere un rapporto agonistico con la pittura, lo ha avuto, al tempo della sua nascita e lo ha superato smarcandosene sul terreno della costruzione della propria presenza artistica. Tuttavia rinfranca sapere come le influenze determinino consapevolezza. Le fotografie di Anna Maria Colace sono lontane dall’essere un hommage e dunque la ricerca formale della composizione, una volta esauriti gli echi – coltissimi, peraltro – si impongono all’osservatore con la personalità con cui le ammiriamo. Ma c’è dell’altro, che risiede nella diversità dei soggetti raffigurati – una diversità legata insieme da uno stile coerente che si compone nello sviluppo dei temi. Il lavoro di Anna Maria Colace ci informa come non ci sia nulla nella grandiosità del reale che non sia degno d’essere fotografato. La vastità d’un paesaggio, delle sterpi solitarie, la controluce di rami contro un cielo mai banale sono ormai svincolati dalla materia riconoscibile per fare ingresso nell’immaginario visivo della fotografa, una visione soggettiva che intende condividere con noi. E noi ne apprezziamo non soltanto l’intenzione ma restiamo incantati di fronte alla “traduzione” di oggetti che si fanno “segni”. Così solo è possibile leggere nell’intricata convivenza dei pesci rossi una ricerca che assorbe, e fa propria, una elegante japonaiserie che arricchisce l’immagine di suggestioni esotiche. Anna Maria Colace si dimostra attenta osservatrice e rispettosa degli stilemi che ora, come in passato, hanno fatto grande la fotografia. La sua voce e soprattutto le sue Visioni si aggiungono a quella di una grande tradizione.

Visioni: Voli, 2013 – Fotografia modern print cm. 55×31