L’arte e la personalità di Gigi Morbelli hanno costituito un capitolo del tutto particolare delle esperienze espressive del novecento, rappresentando l’ideale continuità della grande lezione rinascimentale di Mantegna a di Antonello da Messina. Un dipingere decisamente al di fuori del panorama variamente articolato di un secolo che ha visto nascere e diffondersi “correnti” artistiche come il cubismo e l’astrattismo, l’informale e la nuova figurazione.
Gigi Morbelli, nato a Orsara Bormida nel 1900 e morto ad Imperia nel 1980, è passato attraverso queste vicende, che ha avvertito, senza però venirne influenzato in modo decisivo, la sua pittura appartiene ad una dimensione atemporale, ad un universo in cui l’eco dei remoti ricordi si stempera nella pacata raffigurazione di un interno o nell’armonica compostezza di un volto. La sua fedeltà agli antichi maestri, l’indiscussa qualità espressiva, la plastica evidenza delle figure costituiscono l’essenza della sua “visione” mai stancamente ripetitiva o falsamente romantica, ma frutto di uno studio squisito e del suo essere artista e uomo al di fuori delle mode. Si avvertono nelle sue nature morte, nei volti dolcissimi, nell’elegante disposizione delle ballerine che a tratti ricordano l’impressionista Degas, un sapore e un’atmosfera lontani dalla tragicità del vivere moderno.
La pittura di Gigi Morbelli trova nell’essenziale semplicità il suo valore universale scevro da ogni legame di tempo o di condizione storica e sociale, legato soltanto alla definizione dei sentimenti che sono il tessuto dell’umana esistenza.
Angelo Mistrangelo
L’estrema purezza delle forme
Gigi Morbelli